L’animale di chi va a caccia Nella tradizione occidentale, invece, a partire dal Medioevo, il falco diventa l’animale per eccellenza di chi va a caccia. Al falco, infatti, era attribuita la capacità di stabilire con straordinaria precisione la distanza tra preda e cacciatore, motivo per cui era un valido aiuto nelle battute. I nobili europei presero, allora, ad ammaestrare il falco e, presto, andare a caccia col falcone divenne uno status symbol. Non solo, infatti, a potersi permettere un falco erano solo i più ricchi, ma ammaestrare un falco, proprio a causa del carattere forte dell’animale, era considerata una missione per pochi: chi ci riusciva poteva pensare di aver soggiogato alla sua volontà quella di un animale dalla forza incredibile.

De arte venandi cum avibus

De arte venandi cum avibus

Libro dell’imperatore Federico II di Svevia sull’attività venatoria.

Il manoscritto conservato alla Biblioteca Vaticana è la redazione più nota per le illustrazioni, ma contiene solo i primi due libri. Il codice ha 111 fogli di pergamena di dimensioni cm. 24,5×36, commissionata a Napoli dal figlio di Federico, Manfredi re di Sicilia, intorno al 1260. Un altro manoscritto, redatto a cura di un altro figlio dell’imperatore, re Enzio, durante la sua detenzione a Bologna, si conserva nella Biblioteca Universitaria di Bologna e contiene sei libri.

L’opera consiste è un vero e proprio trattato di falconeria. Tutto sui sistemi di allevamento, addestramento e impiego di uccelli rapaci, specificatamente falchi, nella caccia.

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